Londra, Inghilterra: tre architette sudafricane progettano il Serpentine Pavilion 2020
LA PROGETTAZIONE DELL’ANNUALE PADIGLIONE ESTIVO È STATA AFFIDATA ALLO STUDIO DI ARCHITETTURA COUNTERSPACE. CON SEDE A JOHANNESBURG, È GUIDATO DA TRE PROGETTISTE CLASSE 1990: AD OGGI SONO LE PIÙ GIOVANI AD AVER OTTENUTO L’INCARICO. SI ISPIRERANNO A ICONICI LUOGHI DI INCONTRO DELLA CAPITALE INGLESE, TRA CENTRO E PERIFERIA
Quando nel 2000 la compianta Zaha Hadid collocò una struttura dalla copertura frastagliata nel verde dei Kensington Gardens di Londra, dando così inizio alla tradizione del Serpentine Pavilion, Sumayya Vally, Sarah de Villiers e Amina Kaskar avevano appena dieci anni. Due decenni più tardi, i loro nomi sono improvvisamente rimbalzati nelle redazioni di settore di tutto il mondo. Dopo essere diventate architette e aver fondato lo studio di progettazione – tutto al femminile – Counterspace, con sede a Johannesburg, ovvero nel loro Paese d’origine, sono state scelte per la progettazione del padiglione temporaneo più imitato di sempre. Raccolgono il testimone dal collega giapponese Junya Ishigami e, seppur non in maniera esplicita, si spera che la loro presenza e il loro progetto contribuiscano a inaugurare un nuovo ciclo nella storia del Serpentine Pavilion, rimuovendo tutte le ombre calate sull’istituzione che ne promuove la realizzazione dopo le dimissioni dell’ex CEO Yana Pell, annunciate lo stesso giorno della presentazione del padiglione 2019.
ISPIRAZIONE LONDRA
Il padiglione 2020, che aprirà al pubblico il prossimo 21 giugno e ospiterà la consueta pluralità di iniziative destinate a un pubblico eterogeneo, fino all’11 ottobre, attinge alla città di Londra e alla sua comunità in modo radicale, con più forza e audacia di quanto sperimentato fin qui. Il trio Counterspace ha infatti annunciato di aver concepito la struttura “come un evento”, con l’intento di restituire in un’estrema varietà formale le impronte di luoghi che contribuiscono a modellare l’identità della capitale inglese. Nelle parole di Sumayya Vally, le memorie spaziali di “Brixton, Hoxton, Hackney, Whitechapel, Edgware Road, Peckham, Ealing, North Kensington vengono trasferite sul prato della Serpentine. Ed è qui che si incrociano, producono spazi per stare insieme”. A rendere leggibili, a colpo d’occhio, le singole forme selezionate delle progettiste saranno “le interruzioni, i gradienti e le differenze di colore e consistenza tra le diverse parti del padiglione”, ha anticipato ancora Vally.
AMBIZIONI ECOLOGISTE
Senza voler trarre conclusioni avventate, oggettivamente impossibili alla luce dei due soli render al momento disponibili, appare già di immediato interesse il tentativo di Counterspace di porsi “in ascolto”, per così dire, delle diverse anime di Londra. Lo studio, alla prima realizzazione su suolo britannico e molto attivo in ambito accademico, ha infatti indirizzato con vigore lo sguardo verso la dimensione urbana. Una scelta di metodo, che non può passare inosservata (soprattutto nell’anno in cui il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea) e che potrebbe essere letta quasi in antitesi rispetto a quanto (spesso) accaduto nei primi venti anni di Serpentine Pavilion. Il padiglione del trio sudafricano sembra infatti esaltare il ruolo di crocevia e di incontro tra culture della capitale inglese, anziché presentarsi come “la manifestazione autoreferenziale” del vocabolario formale delle sue autrici. Che, tuttavia, non resteranno silenti, limitandosi a un’azione di “ricostruzione” di segni, dettagli e atmosfere londinesi. Alle recenti dichiarazioni del direttore artistico Hans-Ulrich Obrist, che ha annunciato l’assoluta centralità dell’ecologia in tutte le future iniziative targate Serpentine Gallery, Sumayya Vally, Amina Kaskar e Sarah de Villiers rispondono adottando un adeguato mix di materiali e tecnologie. In attesa di commentarlo dal vivo, per la consueta anteprima di Artribune, sappiamo già che il ventesimo Serpentine Pavilion sarà formato, tra gli altri materiali, da pannelli di sughero e dai “mattoni ecologici” K-bric, in larga parte costituiti da rifiuti riciclati. Sarà vera gloria?
Fonte: Artribune.com – Valentina Silvestrini